
'Quel film si intitolava Laura...'
Come ricorda giustamente Tora Berg nel programma di sala del Festival bolognese del Cinema ritrovato, nel secondo dopoguerra l’upper class svedese - e la sua rappresentazione cinematografica - dismette il modello di vita tedesco, materialmente e moralmente in rovina, per adottare progressivamente quello dell’american way of life: la pellicola che meglio dimostra tale assunto - inserita nella rassegna del 2025 sul “Norden Noir” - è sicuramente “I dimma dol” (“Nella nebbia”, 1953, dir. Lars-Eric Kjellgren).
Nello specifico, si tratta di un’aderenza dichiarata e addirittura “alla lettera” anche al genere noir americano, perché il racconto di Vic Suneson da cui è tratto il film si ispira a uno dei titoli (giustamente) più celebrati di sempre, “Laura” di Otto Preminger (1944) - citato espressamente al minuto 58 di “I dimma dol” - in cui l’investigatore chiamato a risolvere un caso di omicidio diviene via via sempre più ossessionato dalla figura della vittima; nella sua “versione” svedese, con una “variatio” ben ricercata, l’ossessione dell’ispettore (Sven Lindberg ) si dirige invece sulla presente colpevole (Eva Henning, il cui personaggio si chiama - guardacaso - “Lora”), che ha effettivamente sparato al marito nella lunga sequenza iniziale in flash-back, salvo poi scoprire che l’uomo era già morto per avvelenamento.
Sul valore estetico, non c’è molto altro da dire: “I dimma dol” parte come un noir classico - la protagonista si “perde” letteralmente in una Stoccolma notturna e ostile, abitata da volti che sembrano alludere sardonicamente al suo delitto, e inizia una sua discesa agli inferi nella casa di una prostituta che, impietosita, la ospita per la notte. Ma quanto segue dimostra che la prima parte del film - “illuminata” dal bianco e nero di Gunnar Fischer, il direttore della fotografia dei primi classici di Ingmar Bergman - è solo un omaggio manieristico al genere: “Lora/Laura”, infatti, “riconsegnata” alla sua vita di agiata alto borghese dell’epoca e al suo nucleo amicale-famigliare, cinico e disturbante come nelle migliori satire di Luis Buñuel, diventa la pedina attorno a cui si snoda un whodunit in stile Cluedo à la Agatha Christie, abbastanza noioso e certamente dimenticabile.